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AIGAB critica la nuova bozza del decreto Santanché sugli affitti brevi

E’ stata diffusa nelle ultime ore una nuova bozza del ddl Santanché che intende regolamentare il mercato degli affitti brevi: il nuovo testo conferma le regole del minimum stay di due notti nei centri città e dell’istitutzione di un codice unico nazionale per gli annunci online. Inoltre introduce nuovi obblighi relativi alla sicurezza degli appartamenti e, se approvato, farebbe partire la presunzione di imprenditorialità a partire da 3 appartamenti posseduti anziché i 5 previsti oggi: come conseguenza molti proprietari non potranno più avvalersi della cedolare secca.

Sull’impianto di legge che trovate a fine pagina, riceviamo e pubblichiamo il commento di Aigab, associazione italiana gestori affitti brevi, che muove diverse critiche alla normativa: “La nostra opinione è che siamo in presenza di un testo peggiorativo rispetto alla prima bozza del ddl locazioni turistiche messa a punto dal Ministero del Turismo.
Di fatto sono state accolte richieste del mondo alberghiero volte a introdurre limitazioni attraverso complessi adempimenti relativi agli immobili (assoggettamento alle norme antincendio, introduzione nelle case di rilevatori di monossido di carbonio), incomprensibili restrizioni dirette volte a rendere meno conveniente il ricorso a questo strumento (come quelle del minimum stay, quindi possibilità di affittare una casa solo soggiornando almeno due notti) o rendere più complicata la vita del proprietario (costringendolo a diventare imprenditore nel caso abbia 3 o più immobili, mentre prima la soglia era di 5). Ogni proprietario in tutta Italia che abbia più di due appartamenti messi a reddito con gli affitti brevi sarà escluso dalla cedolare secca e costretto ad aprire partita IVA con l’obbligo di iscriversi al registro imprese e tenere la contabilità. Ancora da chiarire cosa intenda la norma per imprenditorialità perché ogni regione ha una diversa definizione. Nella peggiore delle ipotesi la norma può essere interpretata per chiunque faccia locazioni turistiche costringendo anche il singolo proprietario ad aprire P.IVA e rinunciare alla cedolare secca. Positivo, come abbiamo invocato più volte, che il ddl centralizzi con l’introduzione sacrosanta del CIN nazionale e demandi ai sindaci, che non avranno alcuna autonomia su ulteriori limitazioni, l’onere dei controlli.
Più costi e minori ricavi è inoltre la conseguenza con cui dovranno fare i conti i gestori professionali, adeguandosi alle nuove norme, ed i proprietari onesti, che dovranno spendere di più per rispettare i requisiti introdotti.
Queste misure avranno come conseguenza negativa un minor gettito per l’Agenzia delle Entrate e, a causa della diminuzione del prodotto, meno offerta per i viaggiatori spinti verso gli hotel. La nostra delusione nasce anche dal fatto che si perde l’opportunità di riconoscere una categoria di imprenditori che ormai conta circa 30mila professionisti, rimuovendo ogni timido riferimento ai gestori professionali. Forse l’andamento della stagione degli hotel di scarsa qualità li ha spaventati rispetto all’emergere di una figura, quella del property manager o gestore professionale, che cura la qualità dell’offerta e si occupa in modo strategico delle recensioni degli ospiti rispetto alla loro esperienza di soggiorno. Si innalzano delle sanzioni di facciata che però sono più confuse di quanto fossero nel testo precedente. In sostanza si penalizza un settore, quello degli affitti brevi, che a fine 2023 farà registrare a livello nazionale un valore di prenotazioni di circa 11miliardi di euro, con un indotto sul PIL di ulteriori 44miliardi di euro”.

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Redazione Extralberghiero.it

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