Sotto accertamento i redditi dal 2017 di tutti gli host italiani sul portale. Se Airbnb verrà condannata a versare le ritenute della cedolare degli ultimi 6 anni, inevitabile la rivalsa del portale sugli host
Terremoto fiscale nel mondo dell’home sharing italiano: l’inchiesta della Guardia di Finanza di Milano ha accertato il mancato versamento da parte di Airbnb di ritenute per 779 milioni di euro dal 2017 ad oggi sui redditi da locazione breve prodotti dagli host con immobili in Italia. La contestazione segue il costante rifiuto da parte di Airbnb di operare come sostituto d’imposta per la cedolare secca, che dal 2017 si è protratto attraverso successivi ricorsi a tutti gli organi di giustizia italiani ed europei competenti. L’accertamento e la riscossione di queste somme competono all’Agenzia delle Entrate. Si tratta di una cifra record, seconda solo alla recente contestazione di 870 milioni di Iva al gruppo Meta, che controlla Facebook e Instagram.
La difesa di Airbnb non sembra per ora efficace, perché riconosce come unici obblighi quelli del DAC7, quindi solo informativi, mentre l’applicabilità ad Airbnb del DL 50/2017 con le sue ritenute al 21% e la certificazione CU è stata alla fine confermata dalla Corte di Giustizia Europea a fine 2022 dopo la lunga battaglia legale da parte del portale americano.
L’operato di Airbnb è quindi attualmente soggetto ad entrambe le discipline, e una non esclude l’altra. Il DL 50/2017 è ancora vigente e viene applicato sui redditi dal 2017 da ogni intermediario, mentre il DAC7 riguarda i redditi dal 2023 che verranno comunicati da gennaio 2024 dalle piattaforme digitali obbligate.
REDDITI ACCERTABILI DAL 2017
L’accertamento Airbnb sposta drammaticamente all’indietro nel tempo i redditi da locazione breve sotto la lente del Fisco: sono addirittura ancora aperti i termini per contestare le imposte sui redditi del 2017, anno dal quale, esattamente dal 1° giugno, è stato introdotto l’obbligo di ritenuta per gli intermediari come Airbnb, ma anche per property manager, agenti immobiliari e portali. In ogni caso i redditi da immobili, compresi quelli da locazione breve, sono soggetti a tassazione in Italia, quindi sono imponibili, anche se non soggetti a ritenuta anche i redditi dal 1/1/2017 e quelli degli anni precedenti.
Sicuramente i soggetti non in regola con gli adempimenti fiscali avevano tirato un sospiro di sollievo sapendo che il DAC7 si applica solo ai redditi dal 2023, ma con la notizia del nuovo accertamento Airbnb lo scenario cambia e anticipa l’azione di accertamento e riscossione dell’Agenzia delle Entrate ai redditi da locazione breve 2017.
Il termine effettivo di accertamento è stato ulteriormente prorogato a causa del Covid al marzo 2024 per i redditi 2017 e, nel caso di dichiarazione omessa, il termine arriva fino a marzo 2026.
HOST SOTTO DOPPIO ATTACCO
Gli host dovranno sicuramente temere l’azione dell’Agenzia delle Entrate, specialmente se le dichiarazioni 2017-2022 sono state omesse o se si sono dichiarati solo parzialmente i redditi da locazione breve di quei periodi. Le prime verifiche della Guardia di Finanza su alcuni proprietari di alloggi ad uso turistico non hanno individuato un reddito che giustificasse le loro proprietà immobiliari.
Ma un’altra possibile minaccia riguarda il rapporto con Airbnb: a causa della solidarietà nelle ritenute, se costretto al versamento della maxi somma di 779 milioni di euro, il portale potrebbe rivalersi sui singoli host della loro quota di tasse pretesa dall’Agenzia delle Entrate. Ciò è previsto dalle vigenti norme sul sostituto d’imposta, e per Airbnb sarebbe più facile riscuotere le somme dagli host ancora sul portale, mentre sarebbe complesso riuscire ad ottenerle dagli host non più presenti sul portale.
COME RIDURRE I DANNI
L’unico modo per ridurre gli effetti degli accertamenti consiste nel presentare dichiarazioni integrative per i periodi in cui le dichiarazioni dei redditi sono state non fedeli all’effettivo reddito prodotto. In quel caso, il ravvedimento operoso consente di ridurre le sanzioni al 5% contro il 30% delle sanzioni ordinarie, che nel caso di dichiarazioni omesse o infedeli e soprattutto con la cedolare secca, aumentano pesantemente e raggiungono anche il 480%.
PROPERTY MANAGER: LA SITUAZIONE
I property manager sono interessati dall’inchiesta per due possibili motivi: il loro ruolo di intermediari e l’applicazione della ritenuta.
Nel caso in cui il property manager è titolare dell’account e/o del conto bancario di appoggio, per Airbnb (e quindi anche per le autorità fiscali), appare come beneficiario dei pagamenti, e sarà pertanto al property manager che si rivolgeranno in prima battuta gli accertamenti del Fisco e le eventuali richieste di pagamento di Airbnb.
Se non si è operato correttamente a livello contabile, c’e il rischio che tutto il reddito incassato venga considerato prodotto dal property manager, mentre invece quello effettivo ne è solo una parte (commissioni),
Anche quando tutto nell’account e nella fatturazione è formalmente perfetto, il calcolo del 21% effettuato dall’Agenzia delle Entrate difficilmente coinciderà con quello delle ritenute effettive operate dal property manager, in cui spesso vengono dedotti illegittimamente dal reddito dei proprietari alcuni importi (v. nostro articolo sui redditi da locazione breve).
Nei casi quindi di ritenuta “parziale” (non sul 100% del reddito lordo), in cui sono noti al Fisco anche i nominativi degli host che hanno ricevuto i redditi dal property manager, l’accertamento riguarderà sia gli host che i property manager.
OBBLIGHI DEL SOSTITUTO D’IMPOSTA
Gli obblighi del sostituto d’imposta sono tassativamente elencati in un decreto del 1973 (il DPR 600). Le ritenute previste comprendono tutte le forme di reddito: lavoro dipendente, autonomo, interessi, dividendi, e addirittura sui redditi dei raccoglitori occasionali di tartufi, ma non sui redditi da locazione breve. Nel decreto sono presenti anche tutte le regole per il sostituto d’imposta: dichiarazione 770, certificazione CU, contabilità, violazioni e sanzioni.
La ritenuta sui redditi da locazione breve è stata invece introdotta solo a decorrere dal 1° giugno 2017 dal DL 50/2017, che si limita a individuare il reddito soggetto alla ritenuta al 21%.
Un successivo provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate ha introdotto il modello CLB (Comunicazione Locazioni Brevi), adempimento spesso ignorato o applicato impropriamente, di cui abbiamo parlato in questo articolo.
Le ritenute sui redditi da locazione breve hanno avuto finora vita “autonoma” rispetto alle altre ritenute, tanto da non essere state sospese durante il periodo pandemico del Covid, a differenza delle altre ritenute previste dal DPR 600/1973.
PRECISAZIONI
1) Questo articolo si basa sulle notizie sull’inchiesta fiscale pubblicate dai principali quotidiani nazionali ed economici. Le conseguenze fiscali descritte nell’articolo rappresentano la mera applicazione delle norme fiscali a tali notizie, che restano confermate.
2) A rigore la ritenuta al 21%, come pure l’applicazione della cedolare secca, è limitata alle locazioni turistiche brevi e non applicabile a Case Vacanze, Bed&Breakfast e in generale ai redditi diversi prodotti dalle strutture extralberghiere (v. analisi nel nostro articolo). Sarà quindi più facile per i titolari delle strutture ricettive evitare le conseguenze del mega accertamento, chiaramente opponendosi alle pretese del Fisco in modo organizzato.
Sergio Lombardi è Presidente dell’Osservatorio sul Turismo dell’Ordine dei Dottori Commercialisti di Roma, autore di Extra Book e docente di Extra Academy e del nuovo Super Host Training Camp.
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