Affitti Brevi Property management

Sindaci italiani contro gli affitti brevi: uno studio di Halldis prova a fare chiarezza

Gli affittì brevi sono nell’ occhio del ciclone, i sindaci delle maggiori città italiane, chiedono di porre un argine alla loro diffusione, ma sull’argomento serve fare chiarezza e la nuova direttiva dell’Unione Europea sulla cooperazione amministrativa (DAC7) appena entrata in vigore può essere il punto di partenza per risolvere il problema purché sia “italianizzata” in fase di decreti attuativi. E’ quanto afferma uno studio di Halldis, storica società italiana (le cui origini risalgono al 1986) attiva negli affitti brevi che gestisce circa 1.000 proprietà tra appartamenti, palazzi e ville, in più di 120 località italiane ed europee. In Italia il mercato degli immobili destinati ad affitti bevi riguarda circa 600.000 immobili (elaborazione Halldis su dati Istat e Scenari Immobiliari 2021). Il valore delle compravendite online del comparto extralberghiero nel nostro Paese, la terza piazza mondiale del mercato degli affitti brevi, preceduta solo da USA e Francia, ammonta a circa 3 MLD euro (fonte: Osservatorio Digitale Politecnico Milano, 2021). Un comparto in cui si stima che operino 25mila gestori professionali, il cui giro d’affari valore è pari a circa 1,2 MLD di euro.

Nel dettaglio dello studio di Halldis, è fondamentale distinguere tra piattaforme (Airbnb, Booking e Vrbo), gestori professionali (property manager in inglese, come Halldis, Italianway, CleanBnb, Wonderful Italy) e proprietari privati. Le piattaforme digitali sono distributori del prodotto casa di cui non sono proprietari, si limitano a fare incontrare domanda ed offerta e ricevono una fee che va dal 15 al 30%. Sono tipicamente società internazionali che operano a livello mondiale. I property manager gestiscono per conto terzi il prodotto casa, pari a circa 25% del totale di quelle destinate degli affitti brevi, di cui anch’essi non sono proprietari. Sono società italiane che operano nelle località dove sono presenti gli immobili. Per esempio, a differenza delle piattaforme, fanno l’accoglienza, le pulizie, gestiscono la burocrazia (tassa di soggiorno, cedolare secca etc). Per la promozione, oltre che ai propri mezzi (sito, social etc.) possono utilizzare le piattaforme come distributore. La fee dei property manager varia dal 20% al 30%. I privati, che mettono sul mercato il restante 75% delle case destinate agli affitti brevi, fanno tutto da soli. Possono anche decidere di affidarsi a una piattaforma e/o un property manager. In questo caso al guadagno viene sottratto il costo della piattaforma o del property manager.

Il lavoro di Halldis si sofferma anche sulla nuova direttiva dell’Unione Europea sulla cooperazione amministrativa (DAC7), che prevede che chi affitta una proprietà su una piattaforma (Airbnb, Booking, VRBO etc.) deve comunicare all’apposito registro nazionale di ciascun Stato membro il proprio transato e i dati così raccolti confluiranno in un unico database europeo. Per il 2023 l’obbligo di comunicazione è entro il 31/01/24. Il rischio è che, se i decreti attuativi non apporteranno modifiche, i gestori professionali (property manager) italiani potrebbero vedersi attribuito 1,2 Mld di euro di giro d’affari aggiuntivo. Per esempio, se un operatore avesse il mandato di gestire 10 immobili che in un anno solare generano un transato totale pari 200.000 euro (ammontare lordo di quanto pagato dai singoli utilizzatori/clienti) potrebbe vedersi attribuire questo valore come proprio reddito. Il che però è fuorviante perché il reddito dipende da diversi fattori come la tipologia di contratto con il proprietario (locazione-sublocazione, mandato con rappresentanza-intermediazione, mandato senza rappresentanza), quella di SCIA presentata al Comune dove l’immobile è ubicato (Casa Vacanza-CAV, Locazione Turistica, Locazione Transitoria, altre tipologie previste dalle normative regionali sul turismo) e l’ IVA, prevista per le Case Vacanze imprenditoriali e in alcune Regioni anche con le Locazioni Turistiche imprenditoriali.

“Dall’assessore Pierfrancesco Maran a Milano al sindaco Dario Nardella – afferma Vincenzo Cella, managing director Halldis – dalle prese di posizione di Luigi Brugnaro, sindaco di Venezia a quelle di Matteo Lepore (Bologna) e Roberto Gualtieri (Roma), condividiamo appieno le loro istanze e preoccupazioni. Il nostro studio vuole essere uno stimolo sia sul fronte dell’informazione che della normativa. Sarebbe molto utile un confronto costruttivo tra le parti politiche e rappresentanze associative per chiarire eventuali dubbi. Sarà compito del legislatore nazionale definire bene le regole attuative della normativa comunitaria e su questo punto analizzare bene il mercato e dare un senso concreto ed equo a questa iniziativa.”

“Il settore degli affitti brevi in Italia – dichiara Michele Diamantini, CEO Halldis – è estremamente variegato e composto da centinaia di migliaia di host proprietari di singoli appartamenti e centinaia di gestori di immobili in locazione breve che con modalità diverse e in contesti diversi, si occupano di un numero variabile di appartamenti. L’attività di property management è un business a bassa marginalità e quindi impone la scalabilità di processi e dimensioni per fare ricavi e coprire costi fissi. La possibilità di scalare richiede un quadro normativo incentivante, stabile, non frammentato. Col nostro studio abbiamo voluto da un lato fare chiarezza e dall’altro proporre la nuova direttiva europea come punto di partenza per risolvere le tante problematicità. È importante non frenare un settore in forte crescita che riesce a dare valore agli investimenti immobiliari, creare posti di lavoro, avere forte ricadute sul territorio”.

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Redazione Extralberghiero.it

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